Di Luca Palmarini

Come ben sappiamo, in passato nell’iconografia cattolica spesso facevano la loro comparsa raffigurazioni della morte. A volte erano rappresentazioni grottesche, altre volte la Nera Mietitrice veniva immortalata in trionfo sull’essere umano. Il Trionfo della morte, diffusosi nel XIV secolo in seguito all’epidemia di peste chiamata “la morte nera” del 1347, spesso rappresentava una sorpresa, una comparsa improvvisa della morte che inaspettatamente colpiva, oppure si portava via con sé, i poveri sventurati.

La Danse macabre risale al XV secolo. In questo caso non si tratta di una tragica sorpresa, bensì di un delicato passaggio dalla vita alla morte, che riguarda tutti gli strati sociali e le professioni (così come i titoli nobiliari). Il fatto viene accettato dai protagonisti con un atteggiamento remissivo accompagnato da un chiaro accento di rimpianto, senza tentativi di fuga, di ribellione, bensì tenendo la morte per mano e celebrando a passo di danza la caducità della vita.

Come è lecito immaginare, la Danse Macabre veniva rappresentata sotto forma di affreschi sulle pareti delle cappelle cimiteriali e delle camere mortuarie, ma spesso anche immortalata su tela. Tale tematica ebbe una certa diffusione anche nelle terre polacche.

Nella chiesa dei Bernardini di Cracovia, nel quartiere di Stradom, all’interno della cappella di Sant’Anna, si trova un dipinto di 203 cm X 253 cm, rappresentazione pittorica della “Danza macabra” con la morte.

Nel rettangolo al centro  si può osservare un gruppo di nove donne e nove scheletri che formano un cerchio e ballano tenendosi per mano. Si tratta di donne appartenenti a diversi stati sociali, a partire dall’imperatrice per arrivare a un’umile contadina. Lo sfondo viene chiuso da un paesaggio naturale, mentre a sinistra è rappresentato Gesù crocifisso con ai piedi Giovanni e Maddalena. A destra, invece, abbiamo il Paradiso. In basso a sinistra si trovano Adamo ed Eva, mentre a destra vediamo la figura infernale del Leviatano che inghiotte i dannati. Nella parte inferiore del dipinto, al centro, sono presenti due suonatori che con i loro strumenti accompagnano il ballo di chi forma il cerchio, mentre altri due scheletri tengono le note.

La parte centrale dell’opera propone quindi un paesaggio comune che abbraccia sei motivi diversi; tutt’intorno il paesaggio è circondato da quattordici medalioni in cui questa volta a ballare in coppia con gli scheletri sono uomini di diversa estrazione sociale (un tondo racchiude anche un’invettiva verso altre religioni…) In alto, al centro di questa “cornice” si scorge una clessidra appoggiata a un teschio con due tibie incrociate, mentre in basso si trova un altro teschio con una coppa e una lampada. Sotto ogni medaglione sono riportati versi in quartine, a volte tristi, altre volte dal carattere satirico.

Questa macabra processione di coppie di uomini che danzano con la morte ha inizio dal verso situato in alto sotto il teschio con le tibie, che riportiamo trascritto fedelmente dall’originale:

Rożnych Stanów piękne grono

Gęstą Śmiercią przepleciono

Żyjąc wszystko tańcujemy

A że obok Śmierć nie wiemy.

Un bel gruppo di diversa essenza,

alternato alla morte densa

Vivendo, tutto noi balliamo,

Che la morte è al fianco non lo sappiamo

(mia traduzione libera)

Si è concordi sul fatto che l’opera risalga agli ultimi decenni del XVII secolo. Secondo alcuni ricercatori, la fonte di ispirazione potrebbe essere una stampa di Paul Fürst, realizzata tra la prima e la seconda metà del Seicento. Alcuni ritengono che l’autore dell’opera sia Franciszek Leksycki, pittore che lavorava per i Bernardini di Cracovia e quelli di Kalwaria Zebrzydowska, ma non se ne ha assoluta certezza, così come non si è certi chi siano esattamente le figure che rappresentano le personalità più importanti (per esempio, l’imperatore potrebbe essere il re polacco, Jan II Kazimierz Waza, oppure Michał Korybut Wiśniowiecki, ma anche Ferdinando III di Asburgo, considerata la forma della corona). Il dipinto è servito da modello per altre opere fino al XIX secolo. Tra le opere che si ispirano alla Danse macabre di Cracovia si citano quelle di Kalwaria Zebrzydowska, Poznań e Varsavia.

Ciò che risulta essere di maggiore influenza in questo dipinto moralizzatore è la tradizione medievale del Memento mori. Questo concetto viene accentuato dal fatto che, come accennato in precedenza, davanti alla morte tutti vengono posti allo stesso piano, indipendentemente dalla loro classe sociale e dal ruolo svolto nel mondo terreno.

Foto 1: De Poolse Dod. Foto 2: Irena Turnau